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Bussi: un intervento di emergenza mascherato da bonifica

Marcozzi (M5S): “Siamo al punto di partenza, l’Abruzzo è stanco di farsi prendere in giro”

“Arriva tardi e male il progetto presentato da Edison sulla discarica Tremonti e non è altro che una messa in sicurezza di emergenza, perché per chiamarlo progetto di bonifica è richiesto un “ottimismo” che gli abruzzesi a distanza di 10 anni non hanno più. Abbiamo dovuto aspettare un decennio per avere questo documento e il risultato è squalificante, per chi lo ha proposto e per chi lo ha ricevuto”. Il duro commento arriva dal consigliere M5S Sara Marcozzi, da sempre in prima linea nella battaglia ambientale su Bussi e firmataria di ben 3 esposti per fare chiarezza e rendere giustizia al territorio martoriato negli anni dal polo chimico.
“Quello che propongono non è un progetto di bonifica” continua “non è prevista infatti la rimozione del materiale contaminato che è fonte di inquinamento. È inaccettabile che, a distanza di 10 anni dalla scoperta del sito, non si sia ancora proceduto alla bonifica ma si intravedano solo quegli interventi di messa in sicurezza di emergenza che andavano fatti 10 anni fa”. La scorsa estate il M5S tramite esposto aveva denunciato la mancanza di interventi per la messa in sicurezza che sarebbero dovuti arrivare in attesa del vero progetto di bonifica. “Siamo fermi a 10 anni fa. E’ il momento di smetterla di prendere in giro una regione intera. Il Presidente D’Alfonso non può accettare una simile proposta e dovrebbe mettere in campo tutte le azioni necessarie per uscire da questo immobilismo dannoso per il territorio e per chi lo abita. Contrariamente a chi ci ha amministrato e governato fino ad ora” continua Marcozzi “ il M5S non è mai rimasto a guardare. In tutti i livelli istituzionali abbiamo depositato interpellanze, sollecitato gli organi competenti e, da ultimo, presentato tre diversi esposti al Comando dei Carabinieri Forestali di Pescara e alla Procura Generale della Corte dei Conti. ll primo avente a oggetto l’inquinamento persistente, il secondo l’appalto di bonifica del commissario Goio e il terzo l’area sita in località Piano D’Orta. Dalla rivoluzione industriale a oggi, ci sembra di tutta evidenza che, nella stragrande maggioranza dei casi e in particolar modo per le aziende del petrolchimico, il modus operandi sembri essere il seguente: insediamento sul territorio, sfruttamento della produzione per 30-60 anni, abbandono delle aree con conseguente boom della disoccupazione ed eredità di terreni inquinati e costi insostenibili per la bonifica delle aree sfruttate. Quale ricchezza hanno lasciato in Abruzzo? Quale ricchezza hanno prodotto in termini di occupazione e reddito questi investimenti? E’ una domanda a cui la politica deve rispondere e agire di conseguenza, cambiando obiettivi e orizzonti per non ripetere gli errori del passato!